IL PATTO GENERAZIONALE: LA PROPOSTA DI LEGGE DAL PDL SALERNITANO.

Una mia proposta di legge che il nuovo esecutivo, una volta costituitosi subito dopo le elezioni del 24 e 25 febbraio, potrà considerare è la seguente:

 

un “patto generazionale” che consentirà ai lavoratori prossimi alla pensione di passare la mano ai propri figli.

 

 

Per porre un freno alla disoccupazione giovanile, sarebbe opportuno ipotizzare una staffetta tra generazioni. Si tratta della possibilità per un lavoratore “anziano” di lasciare il posto di lavoro a determinate condizioni ai propri figli. Quello che si prospetta è un patto tra le generazioni, un accordo attraverso il quale i lavoratori più anziani accettano di fare spazio ai più giovani, anche a costo di cedere il proprio lavoro ed altri diritti acquisiti.

Il provvedimento prevede la possibilità di concludere un accordo tra cinque attori diversi: soggetti pubblici, enti previdenziali, imprese, lavoratori anziani, lavoratori giovani.

Cosa dovrebbe accadere, il lavoratore “anziano” accetta di andare in pensione rinunciando al TFR maturato e ad una decurtazione della pensione di un 20%; il lavoratore giovane viene assunto con contratto di apprendistato o a tempo indeterminato.

L’idea di un patto tra generazioni è certamente una prospettiva, anche etica, di grande respiro, che si auspica possa sostenere azioni concrete per disegnare una società più equa e più inclusiva.

Questa nuova legge dovrebbe consentire di assicurare la salvaguardia dei livelli di occupazione per le nuove generazioni e di mantenere, contemporaneamente, condizioni di reddito accettabili per le fasce di popolazione meno giovani.

Prendiamo, ad esempio, il Comune di Salerno: qui abbiamo 226 dipendenti (18,61%) sui 1214 in organico che superano i 60 anni, addirittura 686 dipendenti (56,50%) che superano i 55 anni e quasi tutti genitori di figli maggiorenni disoccupati.

Questa nuova normativa, applicata al Comune di Salerno, permetterebbe a circa 1000 giovani disoccupati di trovare lavoro.

Si tratta di una proposta ancora molto complicata da applicare, ma è pur sempre un primo passo per migliorare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.

La legge 92/2012 che ha introdotto la riforma del mercato del lavoro non è riuscita a ridurre la disoccupazione e a correggere quelle deformazioni strutturali che impediscono a migliaia di giovani di trovare lavoro e di essere “mobili” sul mercato. Da uno studio dell’Ocse sui flussi mensili tra disoccupazione ed occupazione, l’Italia è emersa come il Paese con il tessuto produttivo più vischioso poiché la mobilità dei lavoratori riguarda per lo più chi un lavoro lo ha già.

Giuseppe Zitarosa

Lascia un commento