MAGISTRATI E POLITICA, LA RIFORMA DRAGHI-CARTABIA FERMA I GIUDICI CANDIDATI

Il magistrato che svolge anche funzioni politiche non potrà piu’ svolgere funzioni giurisdizionali ma sarà assegnato a ruoli amministrativi e fuori dalle aule di giustizia: è questo uno dei punti cruciali del testo del Decreto Legge, in arrivo all’interno del Consiglio dei Ministri, che punta a mettere un freno alle cosiddette “porte scorrevoli” tra il mondo della Giustizia e quello della Politica.

Per i magistrati eletti non si transige sul ritorno indietro. La bozza della riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario sul tavolo del Consiglio dei ministri prevede infatti che «i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo (da parlamentare nazionale ed europeo, consigliere e presidente di giunta regionale, a consigliere comunale e sindaco) al termine del mandato, non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale»

Nella bozza della riforma del Csm all’esame del Consiglio dei ministri i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari che hanno svolto incarichi apicali nei ministeri o incarichi di governo non elettivi (capi di gabinetto, segretari generali presso i ministeri o ai capi dipartimento), invece, al termine di queste esperienze per tre anni non potranno svolgere funzioni giurisdizionali. La loro destinazione sarà individuata dai rispettivi organi di autogoverno. La stessa disciplina si applicherà ai magistrati che si sono candidati in politica ma non sono stati eletti.