SALERNOECONOMY.IT. TAVELLA (CIGL): “LOTTA AL PRECARIATO NEL MONDO DEL LAVORO”

di Ernesto Pappalardo
Lo scenario economico nazionale e meridionale continua ad evidenziare criticità radicate e difficili da superare nel breve periodo. Nelle regioni del Sud le previsioni per i prossimi mesi confermano il permanere di una situazione di “stallo” con la maggior parte degli indicatori in campo negativo. L’attenzione è incentrata sui provvedimenti del Governo, ma si discute anche e soprattutto della riforma del mercato del lavoro.
Il ruolo dei corpi intermedi – associazioni datoriali ed organizzazioni sindacali – rimane al centro dell’attenzione, stimolando ragionamenti spesso strumentali, anche se va detto che proprio il “Jobs Act” resta uno dei banchi di prova più attesi in Europa per l’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Che cosa ne pensa il sindacato in Campania? Quali soluzioni propone? Il segretario regionale della Cgil, Franco Tavella, avverte: tutte le decisioni ed i provvedimenti che “alimentano” la precarizzazione del lavoro “saranno aspramente contrastate”. Quello che occorre – evidenzia – è un piano nazionale di investimenti in grado di ridare fiato al sistema economico e produttivo del Mezzogiorno, perché al Sud – sottolinea – “o investe lo Stato o investe la criminalità organizzata”. Né manca nel ragionamento del segretario regionale della Cgil il richiamo alla necessità di rileggere in maniera critica il ruolo del sindacato: “La strada del cambiamento e del rinnovamento – afferma – è per noi una strada obbligata”.
Segretario Tavella, cosa pensa del gran parlare che si fa in questi giorni della riforma del mercato del lavoro, del Jobs Act e del cosiddetto modello tedesco? Si può mutuare questo percorso anche in Italia e nel Mezzogiorno?
“Il Job Acts da solo non risolve i problemi del Paese che sono gravissimi. Aggiungo che il primo dramma dell’Italia è la disoccupazione ed, in particolare, quella giovanile e meridionale. Noi reclamiamo una nuova politica economica, una svolta che esca dalle secche dei vincoli di bilancio e dall’impostazione incentrata sull’austerità. Per quanto riguarda il modello tedesco, quando lo si prende a riferimento occorre partire dalla consapevolezza che i salari tedeschi sono tra i più alti d’Europa mentre i salari italiani, ed in particolare quelli del Mezzogiorno, sono di livello nettamente inferiore. Prendere due condizioni così differenti e metterle insieme in maniera asettica potrebbe causare ulteriori danni”.
Quale problema la preoccupa di più?
“La precarietà, nel meridione in particolare, è già un dramma sociale ed economico. Qualsiasi scelta politica che la alimenta verrà da noi contrastata e combattuta”.
Da più parti si sottolinea che il ruolo del sindacato va “rimodellato” in base alla situazione che si è determinata a causa della crisi economica. Il mantra è diventato “produttività più nuove relazioni industriali”. Che cosa ne pensa?
“Il premier, perché credo lei si riferisca al presidente del Consiglio, dovrebbe sapere che il lavoro, anche al di là del sindacato, tenderà sempre ad organizzarsi. L’accanimento senza precedenti che abbiamo registrato in questi mesi dal mio punto di vista non fa bene al Paese. Vedo troppe suggestioni autoritarie che, se accentuate, rischiano di trascinarci in una situazione ad alto rischio e difficilmente gestibile. Non mi sfugge, altresì, che vi sia l’esigenza anche per il sindacato di rinnovarsi. Il sindacato non può rimanere immobile quando tutto intorno si modifica. La strada del cambiamento e del rinnovamento è per noi una strada obbligata”.
Che cosa proporrete come Cgil per smuovere le acque della crisi occupazionale in Campania? Avete in mente qualche iniziativa in particolare?
“La Campania nel 2013 risulta tra le regioni maggiormente penalizzate dalla crisi, con un calo del Pil, rispetto all’anno precedente, del 2,1% e un tasso di occupazione femminile pari al 37%. Anche sul fronte del Pil pro capite la nostra regione precede solo Sicilia e Calabria in classifica, con un prodotto interno lordo pari a 16.291 euro. Tutti i dati a disposizione – fonte Istat, Svimez, Bankitalia e UnionCamere – disegnano una condizione al limite della rottura sociale. Per affrontare una situazione così difficile occorrono innanzitutto risorse. E’ necessario spendere quelle che ci sono e che spesso non sono state utilizzate, a partire dai fondi europei, che potrebbero rappresentare una delle ultime occasioni per il Sud, ma non basta”.
E che cosa è urgente mettere in campo?
“Occorre attivare un grande investimento dello Stato nel Mezzogiorno, con nuove politiche in grado di rimettere in moto l’economia in un’area dove vivono venti milioni di persone. Ecco perché abbiamo proposto un “Piano del Lavoro” che parte proprio da una rinnovata attenzione dello Stato. Mi limito ad evidenziare che nel pieno della crisi, quando il Mezzogiorno aveva bisogno di più Stato, lo Stato si è ritirato. Meno welfare, meno sanità, meno trasporti, meno scuola. Invertire questa tendenza è la vera priorità. Lo abbiamo più volte ripetuto: nel Mezzogiorno o investe lo Stato o investe la criminalità organizzata”.

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