ASSUNZIONI NELLA SANITA’ CAMPANA. ANTONACCHIO (CISL): “CALDORO HA DATO I NUMERI”

Non volendo dissertare sul risanamento del debito  atteso il duplice aspetto con cui presuntivamente sarebbe stato raggiunto: non erogazione di prestazioni (2012 unica regione italiana a non aver garantito i livelli essenziali di assistenza, per cui un aumento del 15% su un dato stimato negativamente potrebbe aver lasciato invariato la condizione di leader nel non prestare assistenza ai propri cittadini , come sicuramente è accaduto) e pagamento diretto da parte della popolazione di ticket aumentati, il cui unico scopo era di incrementare con risorse vive  il bilancio del settore con un aggravio esclusivo su quanti hanno di fatto contribuito, ovvero tra il 14% e il 20 % dei cittadini ( si ricorda che in Campania gli aventi diritto all’esenzione ha un range stimato dalla stessa regione che oscilla tra l’80% e 86% della popolazione).

 

Perdita di occupazione da 56mila a 46mila unità, quindi 9000 posti di lavoro persi. Nel calcolo sono stati conteggiati i precari, ovvero sono al lordo degli stessi, poiché il dato deve essere sviscerato. Se i precari sono stati conteggiati quale operatori attualmente in servizio, allora non determinano alcuna variazione del dato negativo relativo allo stato di occupazione, altrimenti ai 9000 posti necessari devono andare ad assommarsi tutti quelli ricoperti da costoro, al fine di determinare l’effettivo fabbisogno, includendo inoltre tutto quel personale che sfugge ai conteggi, atteso che ormai la pubblica amministrazione, sanità inclusa si caratterizza per un numero infinito di rapporti di lavoro e di tipologie contrattuali instaurati con processi di

 esternalizzazione e ricorso a false partite IVA e a contratti di vario genere che dequalificano l’assistenza e i cui controlli vengono effettuati solo su carta senza alcuna verifica vera su qualità e modalità di erogazione dei servizi;  con ricorso a collaborazioni professionali autonome e a progetto ex art. 15 septies e 15 octies d.lgs 502//92 dalla stessa regione proibiti ma attivati dai Direttori Generali in barba alle indicazioni e linee guida del Presidente nella duplice funzione di Commissario ad Acta,  dalla diffusione di rete d’impresa che invece di favorire percorsi integrati, agiscono per paratie stagne finalizzate solo a drenare risorse; con lavoratori interinali; con lavoratori comandati a vario titolo e ai sensi dell’art. 42 bis ex legge 151/2001 trasferiti per mobilità a garanzia del ricongiungimento al nucleo familiare, che resta e rimarrà l’unica strada praticabile per un rilancio del territorio e per una sua crescita nel tentativo di superare una grave crisi che è oltre economica, sostanzialmente di valori e di principi che ormai vengono sistematicamente disattesi dalla politica.

 

Per il 2013 si è sostenuto una spesa per lavoro straordinario per 206 milioni.

Il dato è sottostimato, poiché Caldoro fa riferimento esclusivamente al lavoro straordinario, senza includere Attività Libero Professionale Intramuraria e cosiddetta Libera Attività Professionale, per cui il dato si raddoppia, e mio parere potrebbe essere certamente e verosimilmente oscillate, sottostimandolo poiché non si è provveduto a monitoralo in tutta la regione per vergogna, tra i 500 e 600 milioni di euro.

Quindi, invece di fare proclami che hanno tutto il sentore di essere esclusivamente elettorali, sarebbe opportuno avviare un vero dialogo con le parti sociali per definire strade percorribili per riorganizzare tutto il comparto, evitare esternalizzazioni dissennate, creare centri unici di spesa, ridefinire gli organici rapportandoli al fabbisogno assistenziale, allocare coerentemente le risorse in rapporto a domanda ed offerta di prestazioni necessarie e appropriate, favorire una integrazione pubblico-privato, pubblico-pubblico, pubblico-terzo settore  attraverso modalità di sussidiarietà orizzontale praticate e non esclusivamente enunciate.

Purtroppo spiace affermare che “così è se vi pare” e pur se non vi pare è comunque così!