La Senatrice Eva Longo è tra i primi firmatari della Mozione per il Sud, il documento redatto dal Gruppo Ala, dopo la pubblicazione dei negativi dati dello SVIMEZ sulla crescita economica del meridione d’Italia.
MOZIONE
Il Senato,premesso che:nonostante le flebili dinamiche positive che spingono l’economia del Paese (dovute prevalentemente a fattori esogeni come: decremento del prezzo del petrolio, deprezzamento dell’euro, varo del Quantitative Easing da parte della BCE, maggiore flessibilità dei vincoli di bilancio) lasciano intravedere un percorso di ripresa, il divario nel Paese si allarga sempre più, relegando il Sud a prospettive di crisi irreversibile e ad un inesorabile declino; le anticipazioni del Rapporto SVIMEZ sull’economia del Mezzogiorno 2015 fotografano un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell’arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%); il divario di Pil pro-capite è tornato ai livelli di 15 anni fa; negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13% e gli investimenti nell’industria in senso stretto addirittura del 59%; nel 2014 quasi il 62% dei meridionali guadagna meno di 12mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord.
Secondo lo Svimez, la crisi nel 2014 si attenua nella maggior parte delle regioni del Centro-Nord, molto meno in tutte quelle del Sud. A livello regionale nel 2014 segno negativo per quindici regioni italiane su venti; si distinguono soltanto le Marche quasi stazionarie (+0,1%), lo +0,3% dell’Emilia Romagna e del Trentino Alto Adige, +0,4% del Veneto. Miglior performance in assoluto a livello nazionale per il Friuli Venezia Giulia, +0,8%. Le regioni del Centro-Nord oscillano tra il -0,3% del Lazio e della Toscana e il -1-1% dell’Umbria. Piemonte e Valle d’Aosta segnano -0,7%. Nel Mezzogiorno la forbice resta compresa tra il -0,2% della Calabria e il -1,7% dell’Abruzzo, fanalino di coda nazionale. In posizione intermedia la Basilicata (-0,7%), il Molise (-0,8%), la Campania (-1,2%). Giù anche la Sicilia (-1,3%), e Puglia e Sardegna, allineate a -1,6%.
Guardando agli anni della crisi, dal 2008 al 2014, anche se risultano negative tutte le regioni italiane, a eccezione dell’Umbria (-13,7%), delle Marche (-13%) e del Piemonte (-12%), le perdite più pesanti sono al Sud, con profonde difficoltà in Puglia (-12,6%), Sicilia (-13,7%), Campania (-14,4%). Situazione ancora più negativa in Basilicata (-16,3%) e Molise (-22,8%).
Nel periodo 2001-2014 il Sud va molto peggio della Grecia. Dal 2001 al 2014, infatti, il tasso di crescita cumulato è stato + 15,7% in Germania, +21,4% in Spagna, + 16,3% in Francia. Negativa la Grecia, con -1,7%, ma mai quanto il Sud, che, con -9,4% tira giù al ribasso il dato nazionale (-1,1%), contro il +1,5% del Centro-Nord.
In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 53,7% del valore nazionale, un risultato mai registrato dal 2000 in poi. Il divario tra la regione più ricca, il Trentino Alto Adige, e la più povera, la Calabria, è stato nel 2014 pari a quasi 22mila euro.
I consumi delle famiglie meridionali sono ancora scesi, continuando a ridursi nel 2014 dello 0,4%, a fronte di un aumento del +0,6% nelle regioni del Centro-Nord.
Anche nel 2014, inoltre, gli investimenti fissi lordi hanno segnato una caduta maggiore al Sud rispetto al Centro-Nord: -4% rispetto a -3,1%. Dal 2008 al 2014 sono crollati del 38% nel Mezzogiorno e del 27% nel Centro-Nord, con una differenza tra le due ripartizioni di 11 punti percentuali.
E ancora: in tempi di spending review, lo Svimez rileva che a livello nazionale dal 2001 al 2013 la spesa pubblica in conto capitale è diminuita di oltre 17,3 miliardi di euro, passando da 63,7 a 46,3 miliardi di euro. Fatto pari a 100 il livello complessivo del 2001, nel 2013 la spesa è scesa al 72,2%, quale media tra l’80% del Centro-Nord e il 61% del Sud. In altri termini, dal 2001 al 2013 la spesa nel Mezzogiorno è diminuita di 9,9 miliardi di euro, passando da 25,7 a 15,8. Giù inoltre soprattutto al Sud i trasferimenti in conto capitale a favore delle imprese pubbliche e private: tra il 2001 e il 2013 si è registrato un calo del 52%, pari a oltre 6,2 miliardi di euro. A trainare al ribasso i trasferimenti, il crollo degli incentivi alle imprese private.
Negli anni della crisi 2008-2014 la riduzione del valore aggiunto è stata più intensa al Sud in tutti i settori produttivi. Peggio di tutti l’industria: qui il valore aggiunto è crollato al Sud negli anni 2008 – 2014 cumulativamente del -35%, a fronte del -17,2% nel resto del Paese. In calo anche le costruzioni, il cui valore aggiunto è diminuito cumulativamente al Sud del -38,7% a fronte del – 29,8% del Centro-Nord. Scendono nel periodo in questione anche i servizi, -6,6% al Sud e -2,6% al Centro-Nord. Segno negativo anche se si guarda al solo 2014, ma soprattutto al Sud: l’agricoltura perde infatti nel Mezzogiorno addirittura -6,2%, mentre il Centro-Nord guadagna +0,4%; l’industria flette nel Sud del 3,3%, una perdita di due punti percentuali superiore a quella del Centro-Nord (-1,3%); i servizi segnano -0,5% al Sud contro +0,3% dell’altra ripartizione.
Nel 2014 la quota del valore aggiunto manifatturiero sul Pil è stata pari al Sud all’8%, un datoben lontano dal 17,9% del Centro – Nord e dal 20% fissato dalla Commissione europea nellanuova strategia di politica industriale.
Al Sud sono negativi nel 2014 anche i dati sulle esportazioni, al -4,8%, che sono cresciute invece nel Centro-Nord (+3%).
Drammatica la situazione anche sul fronte dell’occupazione. Il Mezzogiorno, infatti, tra il 2008 ed il 2014 registra una caduta dell’occupazione del 9%, a fronte del -1,4% del Centro-Nord, oltre sei volte in più. Delle 811mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro nel periodo in questione, ben 576mila sono residenti nel Mezzogiorno. Nel Sud, dunque, pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani si concentra il 70% delle perdite determinate dalla crisi.Segnali di un debole miglioramento nell’ultimo periodo: tra il primo trimestre del 2014 e quello del2015 gli occupati sono saliti in Italia di 133mila unità, di cui 47mila al Sud e 86mila al Centro-Nord.
Secondo un altro importante osservatorio economico sul Mezzogiorno, la Fondazione Curella, si registra in Sicilia la crescita del tasso di disoccupazione (23%), sicché se ai quasi 400 mila disoccupati si sommano i 600/650 mila soggetti che vorrebbero lavorare, la massa degli emarginati dal mercato del lavoro sarebbe di oltre un milione di persone. In tal caso, il tasso di disoccupazione per così dire allargato si impenna al 44%.
Le donne continuano a lavorare poco: nel 2014 a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 51% nell’Ue a 28 in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 20,8%. Ancora peggio se si osserva l’occupazione delle giovani donne under 34: a fronte di una media italiana del 34% (in cui il Centro-Nord arriva al 42,3%) e di una europea a 28 del 51%, il Sud si ferma al 20,8%. Tra i 15 e i 34 anni è quindi occupata al Sud solo una donna su 5.
Continua l’andamento contrapposto dell’occupazione tra i giovani e i meno giovani. I primi, under 34, hanno visto perdere in Italia dal 2008 al 2014 oltre 1 milione e 900mila posti di lavoro, pari a -27,7%; quasi il -32% al Sud. Il Sud negli anni 2008-2014 perde 622mila posti di lavoro tra gli under 34(-31,9%) e ne guadagna 239mila negli over 55.Il tasso di disoccupazione arriva nel 2014 al 12,7% in Italia, quale media tra il 9,5% del Centro-Nord e il 20,5% del Sud. Colpiti ancora i più giovani: gli under 24 nel 2014 registrano un tasso didisoccupazione del 35,5% nel Centro-Nord e quasi del 56% al Sud.In più, rispetto alla media europea a 28 del 76%, i giovani diplomati e laureati italiani presentano untasso di occupazione di oltre 30 punti più basso, pari al 45%.
Secondo lo Svimez, dunque, si inizia a credere che studiare non paghi più, alimentando così una spirale di impoverimento del capitale umano, determinata da emigrazione, lunga permanenza in uno stato di disoccupazione e scoraggiamento a investire nella formazione avanzata. I 3 milioni 512mila giovani Neet (Not in education, employment or training) nel 2014, sono aumentati di oltre il 25% rispetto al 2008. Di questi, quasi due milioni sono donne, e quasi due milioni sono meridionali.Un altro allarme arriva dal rischio di desertificazione. Dal 2001 al 2014 la popolazione è cresciuta a livello nazionale di circa 3,8 milioni, di cui 3,4 milioni al Centro-Nord e 389mila al Sud.In dieci anni, dal 2001 al 2014 sono migrate dal Mezzogiorno verso il Centro-Nord oltre 1 milione667mila persone, rientrate 923mila, con un saldo migratorio netto di 744mila persone, di cui526mila under 34 e 205mila laureati.Il tasso di fecondità al Sud è arrivato a 1,31 figli per donna, ben distanti dai 2,1 necessari a garantire la stabilità demografica, e inferiore comunque all’1,43 del Centro-Nord. Nel 2014 al Sud si sonoregistrate solo 174mila nascite, il valore più basso dall’Unità d’Italia; nel 1862 i nati furono391mila, 217mila in più di oggi. Nascite in calo anche al Centro-Nord e, per la prima volta, anche nelle coppie con almeno un genitore straniero, che in precedenza avevano invece contribuito ad alimentare la ripresa della natalità nell’area.Il Sud sarà quindi interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili, destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, afronte di una crescita di 4,6 milioni nel Centro-Nord, arrivando così a pesare per il 27,3% sultotale nazionale a fronte dell’attuale 34,3%.
Infine, l’allarme povertà. In Italia negli ultimi tre anni, dal 2011 al 2014, le famiglie assolutamente povere sono cresciute a livello nazionale di 390mila nuclei, con un incremento del 37,8% al Sud e del 34,4% al Centro-Nord. Quanto al rischio povertà, nel 2013 in Italia vi era esposto il 18% della popolazione, ma con forti differenze territoriali: 1 su 10 al Centro-Nord, 1 su 3 al Sud. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%).
Non resta che constatare quindi, se correliamo la situazione economica con la desertificazione industriale ed universitaria e le tendenze demografiche (invecchiamento, spopolamento, deflusso di capitale umano), l’encefalogramma piatto del Mezzogiorno, un’area con 20 milioni di persone condannate al sottosviluppo.
I meridionali sono ormai stabilmente italiani a metà (per PIL, dotazione infrastrutturale, qualità dei servizi pubblici etc.), salvi gli stessi oneri fiscali se il Pil procapite del Sud era pari al 57% di quello del Centro-Nord nel 2007, nel 2015 sarà sotto il 55%, mentre i tagli alla spese in conto capitale, esercitano un effetto depressivo che, insieme a quelli alle spese correnti, concorrono a penalizzare l’economia del meridione.Secondo le più recenti stime della Banca d’Italia, tra il 2000 e il 2008 i flussi redistributivi in termini reali verso il Mezzogiorno sono stati pari in media a circa 56 miliardi di euro all’anno (3,9 per cento del PIL nazionale), con variazioni di anno in anno contenute. Nel biennio 2009-2011 la forte flessione del prodotto e la crescita dei flussi redistributivi netti (saliti a oltre 60 miliardi all’anno), ne hanno addirittura innalzato l’incidenza al 4,4 per cento del PIL. Tali flussi si sono successivamente ridotti sensibilmente, fino a circa 44 miliardi nel 2012 (3,2 per cento del PIL) Mentre con riguardo ai fondi europei l’inerzia nell’impiego dei fondi è in gran parte ascrivibile alla complessità dei progetti, alla farraginosità delle procedure, alla maggiore incidenza percentuale delle infrastrutture sui fondi assegnati. Tant’è che sugli interventi che non rientrano nei lavori pubblici (e cioè acquisti di beni e servizi, contributi e incentivi alle imprese) a fine 2013 la velocità della spesa è uguale in tutto il Paese.Ebbene soltanto un deciso programma di coesione economica, sociale e territoriale può assicurare la crescita e rendere competitivo il Paese, così come avvenuto in Germania nella quale attraverso la costruzione di 6600 chilometri di strade e 715 di autostrade, in vent’anni quel Paese ha riversato nei lander dell’Est risorse enormi, ed oggi quel Paese coeso e’ la locomotiva economica e politica del Continente, mentre l’Italia repubblicana ha concesso al Sud interventi al confronto assai modestiDi fronte alle affermazioni del Ministro P.C. Padoan sulla situazione meridionale, solo qualche mese fa a Cernobbio, secondo il quale: “il tema va riaperto, senza però politiche specifiche, solo con politiche generali ma senza risorse aggiuntive”, occorre chiedersi come si possa fare in economia a riaprire una questione senza politiche specifiche, senza risorse aggiuntive, addirittura senza neanche più parlarne.Come rilevato da molteplici esponenti della cultura e dell’economia il Mezzogiorno vive uno stato di abbandono senza precedenti ;
considerato che:
l’allarme odierno suscitato dall’anticipazione del Rapporto Svimez 2015 non costituisce per noi una novità, dal momento che fin dall’inizio della legislatura abbiamo evidenziato con tutti gli strumenti a nostra disposizione, come fosse necessario riproporre il ruolo centrale del Mezzogiorno nella definizione di una strategia complessiva per uscire dalla crisi;
tutto questo lo avevamo previsto , tutto questo lo avevamo ripetutamente denunziato, con reiterate e solitarie iniziative parlamentari , sin dal nostro insediamento, e mai governo ci ha ascoltato: infatti al governo Letta-Alfano avevamo chiesto l’attivazione di un tavolo interministeriale per un’organica riprogrammazione dello sviluppo del Paese a partire dal Sud. Parlammo a lungo nel corso delle consultazioni per il varo dell’attuale Governo con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ci ascoltò con attenzione , ne avemmo riscontro alle consultazioni con il presidente Renzi, ma nell’agenda di governo , il Sud non vi entrò mai.
In verità, il 6 agosto 2013 il governo accolse un ordine del giorno al DL “Fare” in cui si prevedeva un nuovo Piano per il Sud, quale ineludibile condizione per la ripresa dell’intero Paese, ma rimase però lettera morta; nell’ottobre 2013, essendo presidente del Consiglio Enrico Letta , insistemmo sull’argomento crisi del Mezzogiorno evidenziando nell’intervento in Aula la scarsa attenzione per un progetto complessivo per il Sud e in quell’occasione il Presidente del Consiglio, nella sua replica, raccolse l’invito degli autonomisti siciliani spiegando di aver ascoltato i nostri passaggi sul Mezzogiorno dichiarandosi d’accordo sul rischio che lasciando andare il Mezzogiorno , il Paese nel suo complesso non si sarebbe salvato;
nell’ambito delle Leggi di stabilità venute al nostro esame è sempre continuata la nostra battaglia per il Mezzogiorno sollecitando il governo a un forte impegno anticongiunturale, paventando , in mancanza , lo sprofondamento delle regioni del Sud e rischiando di ricoprire il ruolo sgradevole di cassandre inascoltate ; il 23 aprile 2015 presentammo una risoluzione al Def sulla stessa linea che il governo non prese in considerazione;
e adesso quale fragoroso ed ipocrita stupore guadagna l’attenzione di tutti, governo e media , mentre il Sud inesorabilmente muore.
Ritenuto che
e’ fondamentale agevolare l’occupazione femminile nelle regioni del Mezzogiorno in quanto la mancata occupazione delle donne di qualsiasi età costituisce un freno evidente allo sviluppo della società meridionale;stimato che vanno promosse iniziative atte a favorire le esperienze di lavoro di giovani laureati meridionali, con particolare riferimento all’area della ricerca, della diffusione delle nuove tecnologie e della valorizzazione del patrimonio culturale ed audiovisivo;esaminato che è essenziale ridurre il costo del credito nel Mezzogiorno che sconta tassi superiori a quelli della parte più sviluppata del Paese e che quindi pone le imprese del Sud in un livello di gap concorrenziale rispetto a quelle del centro-nord;analizzato che esistono comunque tante realtà industriali e tanti distretti produttivi nel sud che rappresentano scommesse vinte dalla imprenditoria meridionale alle quali si può consentire di essere competitive attraverso la concessione di agevolazioni per gli utili d’impresa reinvestiti, la deducibilità degli interessi passivi per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e i proventi, la agevolabilità degli investimenti in beni strumentali destinati alla creazione di nuove imprese o al rafforzamento di imprese già operanti atte ad attivare nuove politiche di sviluppo e ad incentivare forme di economia sostenibile;osservato che sono comunque necessari programmi straordinari di sostegno alle piccole e medie imprese, come definite nell’Allegato I del Regolamento (CE) 70/01 e successive modificazioni, da attuarsi attraverso un rafforzamento delle linee di intervento già previste dai singoli Piani Operativi regionali in attuazione della programmazione comunitaria;verificato che nell’ambito della una crisi che ha colpito tutta l’impresa, la priorità dell’imprenditore è quella di far fronte agli impegni con i propri fornitori e in seconda istanza con il fisco che quindi dovrebbe avere un approccio più dialogante con i creditori;preso atto che in assenza di infrastrutture adeguate qualsiasi forma di imprenditoria sana nel Mezzogiorno sarebbe comunque penalizzata dalla mancanza dei raccordi stradali e ferroviari fondamentali al collegamento con i Corridoi europei, rilevato che essi stessi scontano un ritardo nella realizzazione nei territori meridionali;
impegna il Governo
ad adottare un Nuovo Piano per il Mezzogiorno, complessivo e definitivo, attraverso la mobilitazione di tutte le energie del Sud, come volano per l’intero sistema Italia, connotato da interventi aggiuntivi e rispettoso dell’addizionalità sancita dall’ordinamento europeo, che abbia una visione d’insieme e di durata pluriennale. Di esso dovranno far parte i seguenti ineludibili impegni:
a valutare misure che consentano ai datori di lavoro che incrementano il numero delle lavoratrici dipendenti di ogni età con contratto di lavoro a tempo indeterminato, nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, la concessione, per gli anni 2016, 2017, 2018, di un credito d’imposta d’importo pari al 70 per cento dei costi salariali sostenuti nei trenta mesi successivi all’assunzione. In caso di lavoratrici dome rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato ai sensi del numero 18 dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, il credito d’imposta sia concesso nella misura dell’80 per cento dei costi salariali sostenuti nei trenta mesi successivi all’assunzione. Il credito d’imposta sia concesso nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dal citato dal regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008. Il diritto a fruire del credito d’imposta decada qualora il numero complessivo dei dipendenti a tempo indeterminato risulti inferiore o pari a quello rilevato nei dodici mesi precedenti alla entrata in vigore della presente legge; ovvero se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di 5 anni. Al fine di incentivare l’assunzione di lavoratrici donne con figli di età inferiore a 18 anni ovvero che abbiano a carico familiari disabili gravi, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 ovvero familiari non autosufficienti, gli oneri contributivi dovuti dal datore di lavoro siano integralmente fiscalizzati per un periodo di trenta mesi anni dalla data dell’assunzione. Alle donne lavoratrici sia riconosciuta una detrazione d’imposta pari a 500 euro per ciascun figlio o familiare disabile grave, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 ovvero familiare non autosufficiente, se il reddito complessivo non è superiore a 30.000 euro;a valutare, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8, comma l, del decreto legislativo n. 281 del 1987, sentito il parere delle commissioni parlamentari competenti, l’adozione di un «Piano straordinario pluriennale per l’integrazione lavorativa dei giovani laureati nel Mezzogiorno», di seguito denominato «piano». Il Piano deve essere finalizzato alla promozione di iniziative atte a favorire le esperienze di lavoro di giovani laureati meridionali, con particolare riferimento all’area della ricerca, della diffusione delle nuove tecnologie e della valorizzazione del patrimonio culturale ed audiovisivo. Il Piano disponga altresì le misure di coordinamento per la utilizzazione delle risorse finanziarie attivabili sulla base della legislazione vigente;a valutare, ai fini della riduzione del costo del credito nel Mezzogiorno, l’istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di un Fondo per la riduzione del costo del credito nel Mezzogiorno, di seguito denominato Fondo. Le risorse del fondo siano finalizzate alla concessione di una agevolazione fino alla misura dell’uno per cento sugli interessi dovuti su prestiti bancari alle famiglie e alle piccole e medie imprese, residenti ovvero localizzate nei territori di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Per gli anni 2016-2018 il Governo adotti, d’intesa con la Banca d’Italia, adeguate misure per assicurare uniformità del credito sul territorio nazionale, affinché le banche applichino tassi e condizioni uniformi, assicurando integrale parità di trattamento nei confronti di famiglie e dei clienti della stessa azienda, a parità di condizioni soggettive e di merito di credito dei clienti, ma esclusa la rilevanza dell’insediamento territoriale. Il ministro dello sviluppo economico sia delegato ad emanare una gara per la scelta di un operatore privato specializzato in agevolazioni alle imprese e ad emanare il relativo regolamento di attuazione, recante in particolare le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo, che ha durata trienna1e, e recante l’individuazione dei settori prioritari di intervento sulla base del costo medio dei prestiti;a valutare che la parte degli utili d’impresa corrispondente all’incremento di almeno il 30 per cento del capitale netto destinato a riserva sia esente dalle imposte sui redditi per le imprese che operano nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall’articolò 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea;a valutare una modifica all’articolo 96, della legge n. 917 del 1996 (TUIR) al fine di premettere al comma 1 il seguente: 01) Per le aziende con sede legale nelle Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, sottoposte alla normativa sugli studi di settore, che preveda che gli interessi passivi sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e i proventi. Il Ministro dell’economia provveda al monitoraggio degli oneri anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’art. 11-ter comma 7 della 5 agosto 1978 n. 468 e successive modificazioni;a valutare, al fine di far fronte alla grave situazione di crisi che sta attraversando il sistema produttivo nazionale, con particolare riferimento alle imprese che operano nelle aree delle regioni. Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, le regioni medesime siano autorizzate alla contrazione di mutui presso la Cassa Depositi e Prestiti per il finanziamento di programmi straordinari di sostegno alle piccole e medie imprese, come definite nell’Allegato I del Regolamento (CE) 70/01 e successive modificazioni, da attuarsi attraverso un rafforzamento delle linee di intervento già previste dai singoli Piani Operativi regionali in attuazione della programmazione comunitaria. Il Ministro dell’economia e delle finanze, con propri decreti, anche di natura non regolamentare, sia delegato ad indicare le modalità di attuazione del presente comma;a valutare la concessione ai giovani di età inferiore a 35 anni e ai residenti che intraprendono nuove attività imprenditoriali nelle comunità montane e nei comuni ricadenti in area di parco naturale ubicati nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del trattato istitutivo della Comunità europea, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015 e fino alla chiusura del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2017, sia attribuito un credito d’imposta. Il credito d’imposta sia riconosciuto nella misura massima consentita in applicazione delle intensità di aiuto previste dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2015-2017 e non sia cumulabile con il sostegno de minimis, né con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammissibili. Si considerino agevolabili gli investimenti in beni strumentali destinati alla creazione di nuove imprese o al rafforzamento di imprese già operanti atte ad attivare nuove politiche di sviluppo e ad incentivare forme di economia sostenibile. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, siano individuati i beni che possono essere oggetto di agevolazione, i criteri che consentono l’accesso alle agevolazioni e i soggetti che ne possono usufruire. Il credito d’imposta sia commisurato alla quota del costo complessivo degli investimenti eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d’imposta, relativi alle medesime categorie dei beni d’investimento della stessa impresa, ad esclusione degli ammortamenti dei beni che formano oggetto dell’investimento agevolato effettuati nel periodo d’imposta della loro entrata in funzione. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assuma il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni; detto costo non comprende le spese di manutenzione. Al fine di garantire l’effettiva copertura nell’ambito dello stanziamento del bilancio dello Stato della somma complessiva di 80 milioni annui per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, la fruizione del credito d’imposta è subordinato alla preventiva autorizzazione da parte dell’Agenzia delle entrate secondo le seguenti modalità: a) i soggetti interessati inoltrano per via telematica all’Agenzia delle entrate la richiesta del beneficio specificando il progetto di investimento che si intende avviare e la pianificazione di spesa scelta. L’importo delle spese agevolabili deve essere sostenuto, a pena di decadenza dal beneficio, entro i due periodi d’imposta successivi a quello di accoglimento della richiesta e, in ogni caso, nel rispetto di limiti di importo minimi pari, in progressione, al 20 per cento nell’anno di accoglimento dell’istanza e al 60 per cento nell’anno successivo; b) l’Agenzia delle entrate, sulla base dei dati rilevati dalle richieste pervenute, esaminate rispettandone rigorosamente l’ordine cronologico di arrivo, comunichi telematicamente e con procedura automatizzata ai soggetti interessati la certificazione dell’avvenuta presentazione del formulario nonché nei successivi trenta giorni il nulla-osta contenente l’indicazione delle modalità e dei termini di fruizione del credito d’imposta. L’utilizzo del credito d’imposta per il quale è comunicato il nullaosta sia consentito, fatta salva l’ipotesi di incapienza, esclusivamente entro il sesto mese successivo al termine di cui alla lettera a) e, in ogni caso, nel rispetto dei limiti massimi pari, in progressione, al 20 per cento nell’anno di accoglimento dell’istanza e al 60 per cento nell’anno successivo. Il credito d’imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale sono avviati i nuovi investimenti. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile ai fini dei versamenti delle imposte sui redditi; l’eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal sesto mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta con riferimento al quale il credito è concesso. Se i beni oggetto dell’agevolazione sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa entro il terzo periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione, il credito d’imposta sia rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni anzidetti; se nel periodo d’imposta in cui si verifica una delle predette ipotesi vengono acquisiti beni della stessa categoria di quelli agevolati, il credito d’imposta sia rideterminato escludendo il costo non ammortizzato degli investimenti agevolati per la parte che eccede i costi delle nuove acquisizioni. Per i beni acquisiti in locazione finanziaria le disposizioni si applichino anche se non viene esercitato il riscatto. Il credito d’imposta indebitamente utilizzato sia versato entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sui redditi dovuta per il periodo d’imposta in cui si verificano le ipotesi ivi indicate. Con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico siano individuati i beni che possono essere oggetto di agevolazione nonché le modalità di attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo. L’efficacia delle disposizioni sia subordinata, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all’autorizzazione della Commissione europea;a valutare l’adozione di misure che prevedano che gli importi rateizzati concedibili alle imprese dalla Agenzia delle entrate e dalle società di riscossione, vengano calcolati sommando gli interessi legali di rateazione, ma non ricomprendano l’aggio di riscossione e ulteriori oneri o interessi;a valutare che per la concessione dei crediti di imposta disposti con leggi regionali non concorrono alla formazione del reddito né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. All’articolo 1, comma 53 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e successive modifiche ed integrazioni aggiungere infine le seguenti parole: ”il tetto previsto dal presente comma non si applica ai crediti d’imposta disposti con legge regionale”»;a valutare la predisposizione di un intervento per le infrastrutture che risolva il ritardo del Mezzogiorno rispetto al resto d’Europa, secondo le indicazioni date dalla UE per la realizzazione dei Corridoi europei che si prolungano sino in Italia e i necessari raccordi autostradali ai Corridoi dalle varie province del Sudad adottare misure straordinarie di riequilibrio del FFO del MIUR per rafforzare l’offerta formativa delle Università del Mezzogiorno e disincentivare quella che è diventata una vera e propria migrazione di cervelli; a prevedere misure straordinarie per incentivare gli spin-off universitari nel Sud, sul piano del sostegno finanziario e fiscale a prevedere forme di riduzione fiscale per i non residenti in Italia che acquistino immobili da detenere per almeno 5 anni in aree del mezzogiorno al fine di incentivare il turismo nelle aree rurali; a prevedere misure di sostegno alla riconversione di dimore storiche in strutture di ospitalità turistica con l’obiettivo di incentivare la qualità dell’offerta turistica e salvaguardare un immenso patrimonio monumentale in disfacimento; ad offrire piena ed integrale attuazione alle previsioni normative sulla perequazione infrastrutturale secondo indici e modalità stabilite dall’art. 22 della l. n. 42 del 2009 e s.m.i. a potenziare forme di turismo verso le aree naturali protette del Sud mediante programmi che favoriscano le manutenzioni, anche con finalità di prevenzione del rischio idrogeologico.
Roma 5 agosto 2015