L’indelebile esperienza del cosiddetto “vissuto” personale, è, quasi sempre, un bene da portarsi dietro preziosamente, ma, soprattutto, da rendere disponibile agli altri, affinché possa essere tramandato e reso fruibile a chiunque decida di opporsi attivamente a quegli eventi che contrastano i sani principi della tutela del bene comune e dell’evoluzione civica, sociale e culturale del nostro territorio.
Il futuro si costruisce conoscendo il passato. L’occasione di poter approfondire letture su vicende delle quali crediamo che nessun altro, prima d’ora, potesse essersi mai interessato, mi entusiasma e disillude allo stesso modo.
Mio padre, oggi, mi ha regalato queste due emozioni, per questo sento, ancora una volta, di ringraziarlo. Mi ha mostrato il quarto numero, dell’anno XV, del quindicinale “Il Pungolo” datato: 5 marzo 1977 che conserva gelosamente insieme ad altri “preziosi documenti” raccolti nella sua instancabile vita da “grande, onesto contestatore”.
Non posso negare il fascino esercitato dalla lettura di questo foglio di giornale in cui erano racchiusi pensieri di uomini d’altri tempi. L’Informazione trascritta su carta obbligava, anche per suscitare maggior interesse nel lettore, all’analisi approfondita e seria della notizia, oggi sostituita, nell’epoca televisiva, da immagini trasmesse che spesso ne nascondono l’essenza svuotandola dei contenuti.
Al centro, immediatamente sotto la testata, echeggia la scritta “La collaborazione è aperta a tutti”, incredibilmente affascinante per la forza comunicativa che vi ha impresso l’editore. Forse proprio la mancata attuazione di tale intuizione è stata una delle cause per cui la nostra informazione, oggi, precipita al 49° posto nella classifica sulla libertà di stampa (World Press Freedom Index 2014).
Mi soffermo ora su ciò che mio padre ha voluto farmi osservare, l’articolo intitolato “La grave crisi dell’Ospedale di Cava”scritto dall’Avv. Filippo D’Ursi, con cui denunciava l’assoluto silenzio dei politici campani nelle incresciose vicende che vedevano protagonista l’ospedale cittadino “S. Maria dell’Olmo”. All’inagibilità della sala operatoria si aggiungeva la paura di una possibile chiusura del gabinetto di analisi per gravissima carenza di attrezzature.
“Corsi e ricorsi storici” è stato l’immediato deludente pensiero che è affiorato nella mia mente. Grazie all’attivismo condiviso con altri cittadini, ho avuto la possibilità di seguire il “problema” socio-sanitario della nostra provincia che comprende anche la questione cavese dell’ospedale, ancora oggi, vittima innocente dell’indifferente politica che non ha, evidentemente, alcun interesse nell’evitarne la chiusura per puri e deprecabili motivi contabili.
Eppure a distanza di ben trentasette anni, mi risulta così attuale la frase scritta dall’Avv. D’Ursi: “Non possiamo non rilevare che il sistema oggi in voga per i problemi di pubblica utilità è sconcertante. Siamo infatti giunti al punto che un Organo dello Stato, della Regione, della Provincia e dei Comuni, in tanto evade una pratica in quanto vi è l’intervento di questo o quel parlamentare o uomo politico che spinge la pratica. Quando questo parlamentare o uomo politico manca le pratiche dormono e ciò è soltanto delittuoso…”.
La risposta della politica, o meglio di una parte di essa, arriva puntuale ed onestamente pubblicata in maniera contestuale dall’Avv. D’Urso. E’ il motivo principale per cui mio Padre ne è ancora orgogliosamente in possesso; il segno indelebile di chi ha vissuto senza dover necessariamente mostrare, ma essere (e quindi fare) era per lui più importante che apparire. Roberto Virtuoso, allora Consigliere Regionale, lo scrive nella lettera, in particolare nel passaggio in cui spiega che: “Quanto all’Ospedale, l’anno scorso, su mia autonoma iniziativa, chiesi e ottenni, nel volgere di due settimane, dal Banco di Napoli, i fondi per una nuova autoambulanza che puntualmente arrivò all’Ospedale Civile.”.
Ritengo che il passaggio importante nella risposta inviata da chi si sente moralmente coinvolto nell’accusa (sarebbe già una grande soddisfazione se i politici attuali riuscissero ad affrontare le critiche con simile dignità) sia nella sollecitazione nei confronti di altre figure politiche (sindaco, presidente provincia, ndr) ad assumersi le responsabilità che il ruolo gli impone, affinché si espongano, senza timore alcuno, nell’interesse collettivo: “il che, se avviene spessissimo da parte di tanti cittadini e spesso anche dal Tuo giornale, non avviene mai da parte degli Enti pubblici locali i cui responsabili dovrebbero avere interesse (ma ne hanno?) a impegnare tutti i rappresentanti del popolo, nelle diverse sedi istituzionali per la soluzione dei loro problemi.”.
I Cittadini attivi del 1977 sono i padri dei cittadini attivi del 2014; protagonisti direttamente impegnati nel miglioramento dello status quo creato da politici completamente inerti nel 1977 così come nel 2014. La speranza di cambiamento non è svanita; ci crediamo, lo abbiamo dimostrato, ci stiamo riuscendo? I rappresentanti dei cittadini dovrebbero conoscere cosa succedeva allora per capire che è già tardi per cambiare, ma concediamoci ancora questa speranza.
Francesco Virtuoso