PASSA IL MES MA IL MOVIMENTO 5 STELLE SI SPACCA SUL VOTO ALLA RISOLUZIONE DI MAGGIORANZA

Dopo il sì dell’Aula della Camera alla risoluzione unitaria di maggioranza sulle comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte in vista del prossimo Consiglio europeo, è arrivato l’ok anche del Senato. A Palazzo Madama 164 voti favorevoli, 122 contrari e 2 astensioni. A Montecitorio il testo è stato approvato con 291 voti a favore, e 222 contrari.

Entrando a Palazzo Madama il premier Conte aveva detto di ‘non essere preoccupato’ dei numeri al Senato. Con la massima prudenza e il massimo rispetto delle prerogative del Parlamento ma non sono preoccupato”. Già il senatore del Movimento 5 Stelle Stefano Lucidi aveva parlato a Un giorno da Pecora dicendo, in merito alla sua posizione sul voto alla risoluzione del Mes, ‘è contraria, voterò no, io ne faccio una questione di metodo, che è dipeso da chi ha scritto questo documento. Farò una dichiarazione in dissenso esponendo le mie ragioni”. Dopo questo ‘no’ uscirà dal M5S? “E’ una riflessione che faremo nelle prossime ore, vediamo quello che succederà”, ha aggiunto.

La mia dichiarazione di dissenso non è prodromica all’uscita dal gruppo“, ha detto il senatore M5s Gianluigi Paragone durante la sua dichiarazione di voto. “Questa Europa con le sue politiche ci impedisce di crescere. Come pensiamo di salvare i lavoratori, i posti di lavoro? Con gli spiccioli che ci lascia l’Europa? Io – annuncia – dico No a questa risoluzione”. Francesco Urraro, senatore di M5S, ha annunciato il suo voto in dissenso dal gruppo nell’Aula di Palazzo Madama rispetto alle risoluzioni sulle comunicazioni del presidente del Consiglio in vista del Consiglio Ue. “Annuncio il mio voto in dissenso e constato di non riconoscermi più nelle politiche del mio Movimento“, ha detto il senatore del M5s Ugo Grassi intervenendo in Aula sulla risoluzione di maggioranza sul Mes. Per Grassi, “si tratta di un testo riformato del quale non abbiamo avuto tempestiva contezza, non in quanto singoli partiti ma non è stato informato per tempo il Parlamento, dandogli modo di intervenire”. E ha concluso: “Questo non significa essere sovranisti ma difendere la democrazia e non di un solo popolo”.