Oggi siamo in piazza, in tutta Italia, con le lavoratrici e i lavoratori metalmeccanici per sostenere la loro giusta lotta per il rinnovo del contratto nazionale. Rinnovare i contratti significa dare centralità al lavoro, combattere i bassi salari, la precarietà e gli infortuni. Ma significa anche rilanciare l’industria italiana dopo mesi di calo della produzione industriale. Dopo oltre un anno dalla scadenza del contratto e 40 ore di sciopero, Federmeccanica continua ostinatamente a mantenere una posizione ostile al rinnovo del contratto. Il governo non può fare finta di niente, deve pretendere dalle associazioni datoriali la ripresa del tavolo. I salari devono essere adeguati all’aumento del costo della vita e andare oltre l’inflazione, i contratti precari vanno resi stabili, servono sicurezza sui luoghi di lavoro e riduzione degli orari. Il rigetto della piattaforma, approvata da oltre
il 98% dei lavoratori, da parte delle controparti è un attacco
inaccettabile alle legittime proteste dei lavoratori e delle lavoratrici, con l’obiettivo di ridurre ulteriormente salari e diritti. Per questo, per la difesa del lavoro e della democrazia, i metalmeccanici sono scesi in piazza.
La risposta dello Stato è stata l’annuncio di denunce penali, con l’applicazione di un decreto che prevede fino a due anni di carcere per chi partecipa a un blocco stradale durante una manifestazione. È l’ennesima prova che il decreto Sicurezza voluto dal governo Meloni non tutela la sicurezza dei cittadini, ma serve soltanto a intimidire e a criminalizzare il dissenso. Lo avevamo detto: Meloni non è capace e non vuole affrontare la crisi sociale. Colpire chi chiede lavoro e diritti significa criminalizzare una lotta sacrosanta e scaricare sui lavoratori il costo di scelte miopi e di una politica industriale fallimentare. Oggi il Decreto Sicurezza mostra il suo vero volto: repressivo e anticostituzionale. Non dà alcuna sicurezza agli italiani, non interviene sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, nei trasporti, nella sanità, nelle periferie. Serve solo a colpire chi protesta contro l’ingiustizia sociale. L’Italia ha bisogno di più diritti, non di nuove galere. E ha bisogno di una politica che ascolti le piazze, non che le punisca.
Lo afferma Franco Mari, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra in Commissione Lavoro della Camera.
