GIANFRANCO LIBRANDI (FI): “DAL PANE IN BICICLETTA A NAPOLI NEL CUORE: IL FUTURO DELLA POLITICA”

Da Saronno a Napoli, passando per i sogni costruiti a forza di pedali. Gianfranco Librandi, imprenditore visionario e politico concreto, ha cominciato la sua corsa consegnando il pane in bicicletta per aiutare la famiglia. Oggi guida un’azienda di elettronica riconosciuta a livello internazionale, ma il suo sguardo è sempre rivolto a chi resta indietro. E ora che Forza Italia lo ha scelto come vicecoordinatore regionale in Campania, quella vocazione popolare si rinnova in chiave politica. “Non sono napoletano di nascita, ma mi sento napoletano nell’anima. È una terra che ti entra dentro: per l’umanità, per la creatività, per la forza che ha di rialzarsi sempre”.

Librandi, cosa significa per lei questo nuovo incarico in Campania?

«Un onore e una sfida vera. La Campania è una regione con enormi potenzialità: penso all’agroalimentare, all’automotive, alla manifattura di eccellenza. Voglio mettere al servizio di Forza Italia e del territorio la mia esperienza di imprenditore. Credo nella politica che ascolta, che crea ponti, che non lascia soli i giovani e le imprese. Ho ricevuto molto dalla vita, ora voglio restituire».

Lei è partito da molto lontano. Cosa si porta dietro di quel ragazzo in bici?

«Tutto. Quel ragazzo c’è ancora. Quando consegnavo il pane in bici all’alba, imparavo la fatica e il valore della parola data. Ogni mattina era un impegno preso. E ogni cliente che mi aspettava era un piccolo patto di fiducia. Sono cresciuto così. Il lavoro, se fatto con passione e serietà, ti forma per sempre».

Come si coniugano oggi impresa e politica?

«Non devono stare su binari paralleli. L’impresa è un motore sociale, crea lavoro e dignità. Ma da sola non ce la fa, ha bisogno di un sistema che la sostenga, non che la ostacoli. La politica deve ascoltare chi produce, chi forma, chi rischia. E oggi più che mai, con le tensioni internazionali, i dazi, la competizione globale, servono scelte coraggiose. Io dico: puntiamo sull’Italia, sulle sue eccellenze, e apriamoci al mondo. Napoli, in questo, ha un ruolo chiave: è la porta del Mediterraneo».

Ha parlato spesso di nuovi mercati. Qual è la sua visione?

«Dobbiamo guardare all’Africa, al Golfo, a nuove rotte commerciali. Serve una politica industriale che accompagni questo salto. I dazi messi in modo selvaggio non aiutano nessuno. Danneggiano anche chi li impone. Noi italiani dobbiamo diventare protagonisti del cambiamento, non subirlo. E in Campania, dove il talento è ovunque, possiamo partire fortissimo».

Quali saranno le sue battaglie concrete in Campania?

«Innanzitutto fermare la fuga dei giovani: non possiamo permettere che le menti migliori siano costrette ad andarsene. Voglio costruire un modello in cui le imprese crescano insieme ai lavoratori. Per questo sostengo la condivisione degli utili aziendali con i dipendenti, perché chi contribuisce al successo deve partecipare anche ai risultati. E poi credo in una nuova cultura del lavoro: sono favorevole alla settimana corta, anche in Campania. Lavorare meno, lavorare meglio, vivere di più. È il tempo di ripensare tutto. E si può fare, se ci crediamo davvero».

E sul piano umano, cosa le ha insegnato Napoli?

«Che si può avere poco e dare tantissimo. Che le persone contano più delle cose. Napoli è cuore, è generosità, è futuro. Mi ha accolto con entusiasmo, come solo lei sa fare. E io la ringrazio, ogni giorno».